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SLEEPERS
(SLEEPERS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 novembre 1996
 
di Barry Levinson, con Robert de Niro, Dustin Hoffman, Brad Pitt, Kevin Bacon (Stati Uniti, 1996)
 
Ci sono sempre state, nel cinema americano, le approssimazione schematiche: ma servivano a costituire delle impalcature universali. I western, i noir, le spy-stories, i film sui processi o quelli sugli adulteri repressi; i generi, insomma. Giravano sempre allo stesso modo: ma permettevano di essere compresi in ogni angolo della terra, proprio come la lingua nella quale erano parlati. Ed ai loro registi - spesso mediocri, talvolta geniali - di potersi abbandonare alle messe in scena più imprevedibili. C'è sempre stato, inutile ricordarlo, il gusto del divismo: ma pure serviva alle cause nobili, e non solo alle triviali. A far lievitare certe scemenze grazie alla presenza di un attore, al carisma del divo che spediva tutto nel regno magico del Mito. E c'è sempre stata l'ambiguità ideologica; e l'approssimazione formale. Ma pure a queste si chiudeva un occhio, poiché si basavano egualmente su un elemento estremamente concreto e solido; che favoriva quei preziosi schemi passe-partout e giustificava ogni altra incertezza, la sceneggiatura

Ora, è proprio questo elemento, il punto di forza da sempre di quello splendida forma di artigianato chiamata Hollywood, che sembra stranamente venire meno. Perché ciò succeda, perché tutto ad un tratto questi sceneggiatori che sono sempre stati tra gli individui più pagati - se non più noti - di Hollywood sembrino andare sempre più in barca, non è cosi chiaro. Forse la fretta. Perché il padrone, colui che paga, non è più il temutissimo ma pur sempre umano, Produttore. Ma la Televisione: che è un'entità più astratta, un assieme di funzionari destinati più all'arte dello scaricabarile che a quello della riflessione, un mostro divoratore di immagini qualsiasi da riempire il famigerato primetime, quello spazio tra l'ora della cena e quella del progressivo imbambolamento che permette lo scempio che sappiamo, ed ormai generalizzato (avete già notato la diversità - a quell'ora - fra i 40 canali del vostro televisore?). O forse, le ragioni di quello scadimento, perché pure al cinema ci si accorge che costa meno sfruttare la macchina che il cervello: che l'effetto speciale costa sempre meno dell'attore, e sempre di più sembra attirare le masse videoclipizzate. E allora, perché pagare scrittori che passino lunghi mesi a mettere giù quattro idee, dialogisti che adattino queste idee alle personalità degli attori; ed infine divi, che sempre meno assicurano gli incassi, che sempre di più - d'altro canto - sono loro stessi produttori. E che quindi - come il mostro che si morde la coda - hanno tutto interesse a far quadrare i bilanci alla più spiccia?

Prendiamo infatti questo SLEEPERS, che sembra aver condotto alcuni fra i più celebri attori dell'ultima generazione, e di quella più recente, al punto più desolante della loro carriera. E' la storia (già vista mille volte, ma è il meno grave) dei quattro monelli di New York che in fondo non sono cosi malvagi; ma che per una piccola malefatta girata male si ritrovano in riformatorio; l'anticamera alla fabbrica di criminali che poi viene chiamata prigione. Da qui, umiliazioni, stupri e sevizie: ad opera di quattro guardiani degenerati. Quindici anni più tardi, due dei nostri ex-ragazzini doverosamente divenuti killer, incontrano in un bar il più perverso dei quattro secondini: e non ci pensano un attimo a disfarsi del pedofilo, vista oltretutto la loro abitudine alla bisogna. Cosa inventa allora il signor Lorenzo Carcaterra , autore del sedicente best-seller autobiografico dal quale è tratto il film? Che per mettere tutti d'accordo, a cominciare dallo spettatore, bisogna riuscire ad assolvere i due killer; e liquidare ciò' che resta in circolazione dei secondini-pedofli. Ci penserà un Dustin Hoffman capellone, nel ruolo terribilmente inedito dell'avvocato ubriacone che si dà una mossa. Ma, in particolare, uno dei quattro eroi, divenuto nel frattempo Procuratore pubblico. Che farà - bisognava pensarci prima - tutto il suo possibile per sabotare il gioco dell'Accusa: e favorire cosi quello della difesa...

Inverosimile e pasticciato, pigramente interpretato, SLEEPERS è infine diretto da quel Barry Levinson che si ritiene onnipotente dopo aver firmato il fortunatissimo RAIN MAN. Le sue riprese al rallentatore in bianco e nero sembrano soprattutto preoccupate di contrabbandare per dolorosa poesia le scene di violenza. Servono invece, nella loro ambiguità, a sottolineare quella del film: che se da un lato condanna la pedofilia, dall'altra giustifica l'assassinio.

Perché il guaio è proprio questo: che una scrittura maldestra, o addirittura disonesta, non porta solo a conseguenze estetiche. Ma essenzialmente morali.


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